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Per la tolleranza, contro l'involuzione 23/11/2007
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PER LA TOLLERANZA,

CONTRO L’INVOLUZIONE



Una brevissima chiosa sulla questione riguardante il burqa, sollevata giorni addietro da una sentenza della Cassazione che di fatto avallava l’utilizzo del velo integrale in quanto espressione di credo religioso.

Dalle colonne del quotidiano di cui è vice direttore, a commentare con profondi toni negativi la suddetta delibera era stato Magdi Allam – figura centrale all’interno della ‘costruzione della percezione dell’Islam in Italia’, dati i suoi natali e soprattutto il ruolo di opinionista privilegiato spesso rivestito all’interno dei dibattiti organizzati dai media. A prescindere dall’eventuale questione della sua reale integrazione (nel senso più stretto e squisito del termine, ovvero del posizionamento su un punto di intersezione/fusione/confronto tra due realtà culturali differenti), di cui dubita l’Imam milanese Ali Abu Shwaima all’interno di un’intervista concessa alla giornalista Rula Jebreal (“Divieto di soggiorno”, Rizzoli 2007), le posizioni dell’editorialista egiziano sono, secondo chi scrive, parzialmente condivisibili.

Non, però, in senso lateralmente anti-islamico, né con alcun velo di rigurgito razzista.
E quindi si sgombri il campo al più presto da pseudo-opinioni (formalmente legittime, ma ahimè sovente alimentate da ben altro tipo di disposizione culturale e umana) come quella che si fa scudo della legge italiana e denuncia a chiare lettere il fatto che il burqa, come un qualunque passamontagna, sia in effetti un capo di vestiario che ostacola il subitaneo riconoscimento di un individuo. Ripeto: posizione formalmente ineccepibile, alla luce dei codici, ma forse da analizzare più dal punto di vista dei principi che della vuota significanza strutturale.


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