RELATIVITA' AMOROSA
L’ottica è scossa dalle illusioni. Le dimensioni percepite – indipendenti da quelle assolute ed oggettive, sempre che si assuma una prospettiva compatibile con questo concetto – mutano in base all’ambiente, alla forme e agli oggetti adiacenti. La verità fattiva si trova soltanto sfrondando le percezioni e giungendo al nocciolo reale del fenomeno.
I nostri stessi muscoli vengono giocati dagli accostamenti. Un peso sollevato può fungere da riferimento per il meccanismo della fatica. Così un lavoro apparentemente impossibile può essere svolto con maggior leggerezza se preceduto da uno sovradimensionato. Perché è il nostro cervello, per primo, a inviare un segnale di interruzione al nostro organismo, mentre la reale incapacità fisica oggettiva è assai rara (il nostro corpo si basa su una ‘interiorizzazione’ dello stimolo). Quindi possiamo ingannare il cervello – ben lo sanno i body builder. Almeno finché non si arriva all’oggettivo massimo fisico.
Leggo “Economia emotiva”, di M. Motterlini, e noto che l’inganno, in questo senso, è una struttura standard del commercio. Ci disponiamo verso un acquisto di un certo costo soprattutto se ci viene proposto, a latere, un acquisto di categoria simile il cui prezzo è maggiore (e probabilmente sovradimensionato). La stessa cifra spesa incide diversamente, dal punto di vista psicologico, in base alla sua relazione con le cifre ad essa vicine. Se compro una videocamera a 100 euro, l’acquisto mi pare molto meno oneroso (e ho maggior probabilità di effettuarlo) a fronte di una che costa 50, se a fianco vedo un altro articolo che costa 200 euro. Mancando questo termine di paragone, la probabilità che io porti a termine l’acquisto scema. Ed eventualmente mi sento più povero. Almeno finché non elimino ogni astrazione, ogni percezione, e sposto l’attenzione sulle nude cifre, sui semplici oggetti.
Ora: l’amore. E’ prettamente interiore e non ancorato (né ancorabile) ad un ente oggettivamente definito. Può essere ‘pertinente’ ad una situazione, o generato, spinto da una ‘persona’. Può essere genericamente (con)causato, in maniera non logica, senza che esista implicazione, neanche materiale. L’amore è astrazione pura, mentale o emotiva che dir si voglia. Ed indubbiamente è piuttosto chiaro che a fronte di una situazione sentimentale/amorosa (magari anche prolungata) non soddisfacente, magari addirittura apertamente lesiva, dannosa, deludente, la nostra psiche entrerà in uno stato di necessità ridotte, a livello emotivo. E per questo tenderà a mal valutare ciò che arriva dopo, smarrendo i punti di riferimento, magari confondendo differenti forme e intensità dell’amore. Vale, ovviamente, anche per la passione: all’indomani di un rapporto molto freddo e disunito, un livello di complicità erotica puramente normale e ‘medio’ verrà interpretato come acceso ardore. Data la natura volatile, incorporea, astratta ed emozionale dell’amore, la salvifica fuga nell’oggettivo dei casi precedenti scompare. E la realtà assoluta (ribadendo che rimane da accertare l’accettabilità del concetto di assoluto, che dipende dalla nostra prospettiva filosofica generale), insomma, è inattingibile in quanto puramente non esistente, qualunque serie di ipotesi sull’assoluto venga avallata. In questo senso, dunque, l’amore può essere concepito come perennemente relativo ed altresì costantemente sottoposto al meccanismo illusorio che contraddistingue gli esempi precedenti. A meno di non operare su un altro fattore, quello degli elementi attigui – e questo significa rimuovere ogni possibile esperienza emotiva, spesso tra l’altro non preventivabile, inattesa, dall’orizzonte della nostra vita; da questo, forse, consegue la necessità di mantenere distacco tra un partner e gli eventuali ‘altri potenziali amori’, che non sono poi pochi, vista la quantità di cotte, infatuazioni, passioni temporanee che scuotono la vita di un individuo medio (e questo fonda gelosie, deformazioni possessive, ecc., con l’istinto che ancora una volta comprende e percepisce questa variabilità instabile dell’affetto e pone rimedio estremo senza che il nostro cervello computi ragioni e conseguenze del tutto).
Soli e distaccati, nell’amore, o sottoposti all’incidenza sempre plausibile dell’inganno, al labirintico potere dell’illusione dei nostri sensi emotivi.
Non si tratta della dimostrazione dell’inesistenza dell’amore, senza dubbio (forse solo dell’amor cortese o affine). Ma ne ridimensiona senza ombra di dubbio il carattere unico, monumentale e squassante, riducendolo ad un relativismo che potrebbe forse gettare nello sconforto ogni animo romantico che sia anche solo pallidamente venato da impulsi analitici.
Diego K. Pierini
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